«Forse per tanto tempo abbiamo dimenticato di indicare e di vivere la via della misericordia» (MV, 10).
Questa espressione di papa Francesco, che l’11 aprile scorso ha indetto su questo tema un Giubileo straordinario, ci offre l’opportunità di riflettere sulla misericordia, parola tanto usata e abusata e della quale, tuttavia, abbiamo spesso perso il significato reale, ovvero il valore, … il sapore. La parola italiana, che deriva da termini latini, è composta da miser (misero, sventurato) e cor (cuore) e significa: «il cuore toccato dalla miseria altrui».
A cinquant’anni dal Concilio Vaticano II e dal pontificato di Giovanni XXIII che, rovesciando l’atteggiamento di condanna che aveva caratterizzato la cattolicità dei secoli precedenti, aveva presentato al mon-do una Chiesa che doveva usare «la medicina della misericordia», Papa Francesco ha voluto indicarla come «legge fondamentale che abita nel cuore di ogni persona quando guarda con occhi sinceri il fra-tello che incontra nel cammino della vita» (MV, 2).
Al n. 15 della Bolla di indizione del Giubileo, Papa Francesco scrive:
In questo Anno Santo, potremo fare l’esperienza di aprire il cuore a quanti vivono nelle più disparate periferie esistenziali, che spesso il mondo moderno crea in maniera drammatica. Quante situazioni di precarietà e sofferenza sono presenti nel mondo di oggi! Quante ferite sono impresse nella carne di tanti che non hanno più voce perché il loro grido si è affievolito e spento a causa dell’indifferenza dei popoli ricchi. In questo Giubileo ancora di più la Chiesa sarà chiamata a curare queste ferite, a lenirle con l’olio della consolazione, fasciarle con la misericordia e curarle con la solidarietà e l’attenzione dovuta. Non cadiamo nell’indifferenza che umilia, nell’abitudinarietà che anestetizza l’animo e impedisce di scoprire la novità nel cinismo che distrugge. Apriamo i nostri occhi per guardare le miserie del mondo, le ferite di tanti fratelli e sorelle privati della dignità, e sentiamoci provocati ad ascoltare il loro grido di aiuto. Le nostre mani stringano le loro mani, e tiriamoli a noi perché sentano il calore della nostra presenza, dell’amicizia e della fraternità.
Che il loro grido diventi il nostro e insieme possiamo spezzare la barriera di indifferenza che spesso regna sovrana per nascondere l’ipocrisia e l’egoismo.
È mio vivo desiderio che il popolo cristiano rifletta durante il Giubileo sulle opere di misericordia corporale e spirituale. Sarà un modo per risvegliare la nostra coscienza spesso assopita davanti al dramma della povertà e per entrare sempre di più nel cuore del Vangelo, dove i poveri sono i privilegiati della misericordia divina.
La predicazione di Gesù ci presenta queste opere di misericordia perché possiamo capire se viviamo o no come suoi discepoli. Riscopriamo le opere di misericordia corporale: dare da mangiare agli affamati, dare da bere agli assetati, vestire gli ignudi, accogliere i forestieri, assistere gli ammalati, visitare i carcerati, seppellire i morti. E non dimentichiamo le opere di misericordia spirituale: consigliare i dubbiosi, insegnare agli ignoranti, ammonire i peccatori, consolare gli afflitti, perdonare le offese, sopportare pazientemente le persone moleste, pregare Dio per i vivi e per i morti.
QUI il Video di apertura della porta santa